Quello che segue è il ricordo del nuovo ieromartire Daniele, scritto dall'amico e collega prof. Yuri Valerievich Maximov, tutor all'Accademia Teologica di Mosca e membro del gruppo di lavoro sinodale della Chiesa ortodossa russa sulle relazioni inter-religiose, relatore a numerose conferenze internazionali, autore di quattro monografie, principalmente incentrate sui rapporti fra Cristianesimo ed Islam, e di un numero molteplice di articoli di vario argomento teologico, agiografico e storico.
Nella tarda notte del 19 novembre 2009, padre Daniele Sysoyev venne ucciso nella chiesa dell’Apostolo Tommaso, sulla Kantemirovskaya, a Mosca. Una persona non identificata che indossava una maschera entrò in chiesa e lo uccise di punto in bianco.
Conoscevo p. Daniele da dieci anni, fin dall’ottobre 1999, quando ci incontrammo ad una conferenza in cui parlavamo entrambi. Mi chiamò la notte prima e il giorno della conferenza vidi un uomo camminarmi davanti, vestito con la riassa, e compresi immediatamente che si trattava proprio del diacono Daniele Sysoyev con cui avevo parlato al telefono.
C’era qualcosa di simile nella sua voce e nel suo modo di camminare che esprimeva la sua unicità e portava a riconoscerlo senza errori in mezzo alla folla, anche da dietro e anche da parte di chi non avesse famigliarità con lui.
In una delle sue interviste, rilasciata poco prima di morire, p. Daniele disse che «dobbiamo camminare davanti a Dio come Egli disse di Enoch ‘camminò davanti a Dio e Dio lo prese’. Questo camminare davanti a Dio è la radice delle missioni». Per descrivere brevemente p. Daniele, egli camminò davanti a Dio. E sebbene questo sia, in primo luogo, lo stato di un’anima rivolta a Dio completamente, trovava comunque espressione letterale nella sua camminata, per non parlare delle sue azioni e delle sue parole.
Camminava con passo leggero, come chi sa dove sta andando, come chi è tranquillo per il presente e non si preoccupa del futuro perché ha interamente affidato le sue preoccupazioni a Dio, che gli è vicino come un Padre amorevole.
Durante i dieci anni in cui l’ho conosciuto, p. Daniele aveva detto molte volte che avrebbe voluto morire come martire. Mi dispiace che adesso queste parole suoneranno completamente diverse da quando le pronunciammo. Quando parlava del martirio non c’era né cupa solennità, né estasi malsana. Lo diceva semplicemente e con gioia e io, ascoltandolo, avvertivo lo stesso imbarazzo e perplessità che provai quando lessi nelle lettere di Ignazio il Portatore di Dio del suo desiderio fervente di soffrire per Cristo. Uno e lo stesso spirito si trovava nell’uno e nell’altro ed io non comprendevo nessuno dei due.
Mi ricordo come, alcuni anni fa, quando eravamo in Macedonia, portai p. Daniele all’anfiteatro dell’antica città di Bitol. Qui, all’epoca dell’Impero romano, la gente veniva data in pasto agli animali selvaggi per la gioia delle folle pagane. Ai lati rimanevano due piccole stanze, nelle quali venivano tenuti gli animali prima di liberarli nell’arena e, nel centro, c’era una scatola della dimensione di un uomo, dalla quale il condannato usciva al suo tormento. Certamente in quell’anfiteatro numerosi martiri della Chiesa primitiva accolsero la morte per Cristo in questo modo. Dissi a p. Daniele: «Guarda, padre, puoi stare dove i martiri stavano prima di andare al loro podvig». Ed egli entrò nella scatola oscura. Mi ricordo come stava là e fissava il cielo.
Probabilmente avrà guardato con la stessa attenta tranquillità il suo assassino. Confesso di essermi chiesto se batiuska in quel momento finale avesse paura o meno, perché io avrei avuto paura. Perciò chiesi al testimone oculare che vide l’omicidio con i propri occhi cosa stesse facendo, p. Daniele, quando, lasciando l’altare, vide l’uomo mascherato con una pistola in mano. Mi venne risposto: «Stava camminando verso di lui. Dritto verso di lui».
Padre Daniele Sysoyev era nato il 12 gennaio 1974 e venne battezzato quando aveva tre anni. Crebbe in una famiglia religiosa. Mi ricordo come mi raccontò i suoi amati ricordi d’infanzia: come sua madre gli leggesse le vite dei santi prima di andare a letto.
Batiuska trattò la fede con coscienza e serietà fin da giovane. Secondo quanto riportato da lui stesso, fin da quando aveva dodici anni, se i genitori gli chiedevano qualcosa, egli per principio chiedeva che gli venisse data una motivazione biblica per farlo e, se la riceveva, allora avrebbe portato a termine la richiesta senza discussioni. In ciò era già riflesso il suo principale desiderio: conoscere la volontà di Dio sempre e per qualsiasi cosa e seguirla. Egli preferiva Dio a qualsiasi altra cosa ed il volere di Dio a qualunque altro volere.
Conosco molti buoni preti in Russia, ma non ho mai incontrato una persona che amasse Dio così intensamente, con fervore e rinuncia a sé come p. Daniele. Non molto prima della sua morte mi trovavo ad uno dei suoi incontri catechetici e pensavo che solo una persona che amava profondamente potesse, senza alcuna interruzione, parlare per due ore e mezza di Dio e solo di Dio e parlarne in modo tale che la gente ascoltasse per tutto il tempo senza far rumore.
In epoca sovietica già cantava nel coro e, dopo aver finito la scuola, nel 1991, entrò al Seminario Teologico di Mosca. Mi disse che aveva sempre desiderato essere un prete e che non si immaginava nulla di diverso. Tale desiderio gli era sorto durante l’infanzia, una volta che era andato incontro ad una morte clinica ed aveva visto un angelo che riportava la sua anima nel corpo.
Nel 1995 p. Daniele si sposò, finì il seminario e venne ordinato al diaconato. Da quel momento cominciò la sua estesa predicazione e la sua attività missionaria; inoltre insegnava la Legge di Dio alle classi superiori del ginnasio ortodosso Yasenevo. Dei suoi ricordi di quel tempo mi si è fissato in mente un incidente in particolare. Un giorno diede ai suoi studenti, come argomento per un tema Che cosa rimarrà dopo che me ne sarò andato? Che cosa porterò con me quando morirò? Numerosi genitori vennero da lui con indignazione: «Come potete dare un simile tema a dei bambini? Non bisogna ricordar loro la morte». Ad essi egli replicò: «Perciò i vostri bambini sono immortali?». P. Daniele era convinto che, poiché nessuno di noi può evitare la morte, abbiamo bisogno di essere preparati ad essa in modo appropriato, cosa per la quale un Cristiano possiede tutto il necessario, e prima cominciamo, meglio sarà.
A partire dal 1996, p. Daniele guidò dibattiti sulle missioni alla chiesa della rappresentanza di Krutitsk, lavorando con p. Anatolij (Berestov) nel Centro Pastorale S. Giovanni di Kronstadt. Egli incontrò e parlò con membri di vari culti, predicando loro e convertendoli all’Ortodossia. A parte p. Daniele non ho conosciuto nessuno che potesse confrontarsi audacemente con qualsiasi uditorio, cominciare una conversazione con una persona di qualsiasi visione religiosa ed avere sempre qualcosa di sostanziale da dire. Era un vero missionario, amava parlare di Cristo alla gente e amava quando, dalla lampada della sua anima, altre si sarebbero accese con la fiamma della gioia evangelica.
Batiuska aveva molta venerazione per il suo celeste protettore, il profeta Daniele, e aveva ricevuto direttamente da lui le sue aspirazioni missionarie, come mi confidò egli stesso. Una volta, leggendo il libro di Daniele, batiuska venne impressionato dalle parole «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» (Dan. 12, 3). «Ed io pensai» mi disse «come sarebbe stato meraviglioso risplendere come stelle».
So che pregava con la Preghiera di Gesù, che considerava molto importante la comunione frequente, in seguito ad un’adeguata preparazione, e leggere costantemente la Bibbia, della quale, sembrava, egli conosceva una rilevante porzione con il cuore. La Preghiera, l’Eucarestia e la Parola di Dio erano per lui i tre più importanti pilastri per le missioni.
Durante la sua vita battezzò più di ottanta Musulmani e ricondusse all’Ortodossia circa cinquecento Protestanti. Padre Daniele andava agli incontri dei Protestanti e predicava l’Ortodossia basandosi sulla Bibbia, e partecipava a dispute pubbliche con Vecchi Credenti e neo-pagani, ma più di ogni altra cosa egli divenne molto noto come missionario fra i Musulmani e polemista con l’Islam.
Nella tarda notte del 19 novembre 2009, padre Daniele Sysoyev venne ucciso nella chiesa dell’Apostolo Tommaso, sulla Kantemirovskaya, a Mosca. Una persona non identificata che indossava una maschera entrò in chiesa e lo uccise di punto in bianco.
Conoscevo p. Daniele da dieci anni, fin dall’ottobre 1999, quando ci incontrammo ad una conferenza in cui parlavamo entrambi. Mi chiamò la notte prima e il giorno della conferenza vidi un uomo camminarmi davanti, vestito con la riassa, e compresi immediatamente che si trattava proprio del diacono Daniele Sysoyev con cui avevo parlato al telefono.
C’era qualcosa di simile nella sua voce e nel suo modo di camminare che esprimeva la sua unicità e portava a riconoscerlo senza errori in mezzo alla folla, anche da dietro e anche da parte di chi non avesse famigliarità con lui.
In una delle sue interviste, rilasciata poco prima di morire, p. Daniele disse che «dobbiamo camminare davanti a Dio come Egli disse di Enoch ‘camminò davanti a Dio e Dio lo prese’. Questo camminare davanti a Dio è la radice delle missioni». Per descrivere brevemente p. Daniele, egli camminò davanti a Dio. E sebbene questo sia, in primo luogo, lo stato di un’anima rivolta a Dio completamente, trovava comunque espressione letterale nella sua camminata, per non parlare delle sue azioni e delle sue parole.
Camminava con passo leggero, come chi sa dove sta andando, come chi è tranquillo per il presente e non si preoccupa del futuro perché ha interamente affidato le sue preoccupazioni a Dio, che gli è vicino come un Padre amorevole.
Durante i dieci anni in cui l’ho conosciuto, p. Daniele aveva detto molte volte che avrebbe voluto morire come martire. Mi dispiace che adesso queste parole suoneranno completamente diverse da quando le pronunciammo. Quando parlava del martirio non c’era né cupa solennità, né estasi malsana. Lo diceva semplicemente e con gioia e io, ascoltandolo, avvertivo lo stesso imbarazzo e perplessità che provai quando lessi nelle lettere di Ignazio il Portatore di Dio del suo desiderio fervente di soffrire per Cristo. Uno e lo stesso spirito si trovava nell’uno e nell’altro ed io non comprendevo nessuno dei due.
Mi ricordo come, alcuni anni fa, quando eravamo in Macedonia, portai p. Daniele all’anfiteatro dell’antica città di Bitol. Qui, all’epoca dell’Impero romano, la gente veniva data in pasto agli animali selvaggi per la gioia delle folle pagane. Ai lati rimanevano due piccole stanze, nelle quali venivano tenuti gli animali prima di liberarli nell’arena e, nel centro, c’era una scatola della dimensione di un uomo, dalla quale il condannato usciva al suo tormento. Certamente in quell’anfiteatro numerosi martiri della Chiesa primitiva accolsero la morte per Cristo in questo modo. Dissi a p. Daniele: «Guarda, padre, puoi stare dove i martiri stavano prima di andare al loro podvig». Ed egli entrò nella scatola oscura. Mi ricordo come stava là e fissava il cielo.
Probabilmente avrà guardato con la stessa attenta tranquillità il suo assassino. Confesso di essermi chiesto se batiuska in quel momento finale avesse paura o meno, perché io avrei avuto paura. Perciò chiesi al testimone oculare che vide l’omicidio con i propri occhi cosa stesse facendo, p. Daniele, quando, lasciando l’altare, vide l’uomo mascherato con una pistola in mano. Mi venne risposto: «Stava camminando verso di lui. Dritto verso di lui».
Padre Daniele Sysoyev era nato il 12 gennaio 1974 e venne battezzato quando aveva tre anni. Crebbe in una famiglia religiosa. Mi ricordo come mi raccontò i suoi amati ricordi d’infanzia: come sua madre gli leggesse le vite dei santi prima di andare a letto.
Batiuska trattò la fede con coscienza e serietà fin da giovane. Secondo quanto riportato da lui stesso, fin da quando aveva dodici anni, se i genitori gli chiedevano qualcosa, egli per principio chiedeva che gli venisse data una motivazione biblica per farlo e, se la riceveva, allora avrebbe portato a termine la richiesta senza discussioni. In ciò era già riflesso il suo principale desiderio: conoscere la volontà di Dio sempre e per qualsiasi cosa e seguirla. Egli preferiva Dio a qualsiasi altra cosa ed il volere di Dio a qualunque altro volere.
Conosco molti buoni preti in Russia, ma non ho mai incontrato una persona che amasse Dio così intensamente, con fervore e rinuncia a sé come p. Daniele. Non molto prima della sua morte mi trovavo ad uno dei suoi incontri catechetici e pensavo che solo una persona che amava profondamente potesse, senza alcuna interruzione, parlare per due ore e mezza di Dio e solo di Dio e parlarne in modo tale che la gente ascoltasse per tutto il tempo senza far rumore.
In epoca sovietica già cantava nel coro e, dopo aver finito la scuola, nel 1991, entrò al Seminario Teologico di Mosca. Mi disse che aveva sempre desiderato essere un prete e che non si immaginava nulla di diverso. Tale desiderio gli era sorto durante l’infanzia, una volta che era andato incontro ad una morte clinica ed aveva visto un angelo che riportava la sua anima nel corpo.
Nel 1995 p. Daniele si sposò, finì il seminario e venne ordinato al diaconato. Da quel momento cominciò la sua estesa predicazione e la sua attività missionaria; inoltre insegnava la Legge di Dio alle classi superiori del ginnasio ortodosso Yasenevo. Dei suoi ricordi di quel tempo mi si è fissato in mente un incidente in particolare. Un giorno diede ai suoi studenti, come argomento per un tema Che cosa rimarrà dopo che me ne sarò andato? Che cosa porterò con me quando morirò? Numerosi genitori vennero da lui con indignazione: «Come potete dare un simile tema a dei bambini? Non bisogna ricordar loro la morte». Ad essi egli replicò: «Perciò i vostri bambini sono immortali?». P. Daniele era convinto che, poiché nessuno di noi può evitare la morte, abbiamo bisogno di essere preparati ad essa in modo appropriato, cosa per la quale un Cristiano possiede tutto il necessario, e prima cominciamo, meglio sarà.
A partire dal 1996, p. Daniele guidò dibattiti sulle missioni alla chiesa della rappresentanza di Krutitsk, lavorando con p. Anatolij (Berestov) nel Centro Pastorale S. Giovanni di Kronstadt. Egli incontrò e parlò con membri di vari culti, predicando loro e convertendoli all’Ortodossia. A parte p. Daniele non ho conosciuto nessuno che potesse confrontarsi audacemente con qualsiasi uditorio, cominciare una conversazione con una persona di qualsiasi visione religiosa ed avere sempre qualcosa di sostanziale da dire. Era un vero missionario, amava parlare di Cristo alla gente e amava quando, dalla lampada della sua anima, altre si sarebbero accese con la fiamma della gioia evangelica.
Batiuska aveva molta venerazione per il suo celeste protettore, il profeta Daniele, e aveva ricevuto direttamente da lui le sue aspirazioni missionarie, come mi confidò egli stesso. Una volta, leggendo il libro di Daniele, batiuska venne impressionato dalle parole «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» (Dan. 12, 3). «Ed io pensai» mi disse «come sarebbe stato meraviglioso risplendere come stelle».
So che pregava con la Preghiera di Gesù, che considerava molto importante la comunione frequente, in seguito ad un’adeguata preparazione, e leggere costantemente la Bibbia, della quale, sembrava, egli conosceva una rilevante porzione con il cuore. La Preghiera, l’Eucarestia e la Parola di Dio erano per lui i tre più importanti pilastri per le missioni.
Durante la sua vita battezzò più di ottanta Musulmani e ricondusse all’Ortodossia circa cinquecento Protestanti. Padre Daniele andava agli incontri dei Protestanti e predicava l’Ortodossia basandosi sulla Bibbia, e partecipava a dispute pubbliche con Vecchi Credenti e neo-pagani, ma più di ogni altra cosa egli divenne molto noto come missionario fra i Musulmani e polemista con l’Islam.
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