lunedì 16 febbraio 2009

Segnalazione bibliografica

Segnalo due volumi in italiano che contengono traduzioni di vite di santi ortodossi (purtroppo però, entrambi fuori catalogo, da quel che mi risulta):

Leonzio di Neapoli - Niceforo prete di Santa Sofia, I santi folli di Bisanzio. Vite di Simeone e Andrea, a cura di Paolo Cesaretti, Milano, Mondadori, 1990.

Francesco Maspero (a cura di), Santi folli della Chiesa d'Oriente, Casale Monferrato, Piemme, 1999. Quest'ultimo contiene la traduzione dal greco delle vite di san Giacomo il Monaco, sant'Anastasio il Persiano, san Massimo Kausokalybe, san Romano il Nuovo Martire, santa Teodora d'Alessandria, san Simeone Stilita, santo martire Porfirio.

Fra i classici dell'agiografia ortodossa, scritti peraltro da persone che hanno conosciuto direttamente i santi di cui narrano le gesta, segnalo poi:

Sant'Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio. L'edizione più economica attualmente in commercio è quella delle edizioni Paoline 2007, a cura di L. Cremaschi.

Palladio, La storia lausiaca, edita da Mondadori, Fondazione Lorenzo Valla, 1990.

San Teodoreto di Cirro, Storia di monaci siri, Città Nuova 1995, a cura di A. Gallico

Vita di San Gaudenzio, vescovo di Novara (segnalazione)

Segnalo la traduzione italiana della vita latina di San Gaudenzio, vescovo di Novara (327-418), sul sito http://www.igaudenziani.org/gaudenzio1.htm e http://www.igaudenziani.org/gaudenzio2.htm.



Il nostro padre fra i Santi Gaudenzio è venerato dalla Chiesa il 9 gennaio secondo il calendario giuliano, che corrisponde al 22 gennaio secondo il calendario gregoriano. Le sue reliquie riposano a Novara, nella basilica romano-cattolica a lui dedicata (l'urna è posta nel transetto, nella cappella di destra, ed è nascosta da una grata di metallo) .

Vita di San Giovanni, arcivescovo di Shangai e San Francisco (IX)

Alcuni miracoli

Come quando era in vita, Vladika continua ad essere molto attivo nell’aiutare coloro che hanno bisogno di lui. Riportiamo solo due delle centinaia di casi di suoi miracoli.

Victor Boyon fu testimone della guarigione di un amico per opera di Vladika: «Il miracolo avvenne dopo che ebbi ricevuto i diritti d’autore per la pubblicazione inglese “Vita ortodossa” (Orthodox Life) da Jordanville, N.Y., che includevano la foto di Vladika Giovanni. Avevo un amico, un musulmano proveniente dalla Russia, che soffriva per un cancro al sangue e stava perdendo la vista. I dottori erano concordi nel dire che nel giro di tre mesi sarebbe diventato cieco. Posi la foto di Vladika Giovanni dietro la mia lampada di preghiera e cominciai a pregare ogni giorno per il mio amico. Dopo poco tempo egli venne guarito dal tumore e riprese a vederci normalmente. Gli oculisti erano stupefatti. Da quel momento il mio amico ha condotto una vita normale e legge senza difficoltà».

L’arciprete Stephan Pavlenko racconta: «Mio fratello Paolo visse per alcuni anni in Vietnam, sebbene non facesse parte dell’esercito. Cercava i bambini feriti e resi orfani dalla guerra e li portava negli orfanotrofi o negli ospedali. In questo modo si avvicinò alla sua futura moglie, una vietnamita di nome Kim En, la quale si occupava anch’essa di aiutare i bambini sfortunati. Mio fratello fece conoscere a Kim la fede cristiana e le vite di molti santi di Dio. Ella gli disse che durante i momenti davvero difficili le appariva in sogno un monaco che la consolava e le diceva cosa fare. Una volta, più o meno nel periodo pasquale, inviai a mio fratello alcune cassette con canti monastici, unitamente a libri e giornali di contenuto spirituale. Ricevuto il mio pacco e mostratone il contenuto a Kim, egli rimase stupefatto quando lei, dopo aver osservato la copertina di un giornale, esclamò: «Questo è il monaco che mi appare in sogno!» Si riferiva ad una foto molto conosciuta di Vladika Giovanni, presa fra le tombe del monastero di Novo Diveevo nella Spring Valley. In seguito Kim venne battezzata nella Chiesa ortodossa, con il nome di Kyra.

Il beato arcivescovo Giovanni di Shangai e San Francisco venne canonizzato come santo dalla Chiesa Russa all’Estero il 2 luglio 1994 e, dopo la riunificazione di questa con il Patriarcato di Mosca, il Santo Sinodo ne estese la venerazione alla Chiesa universale il 2 giugno 2008.


Traduzione della Vita inglese dal sito www.fatheralexander.org



Il nostro padre fra i Santi Giovanni Maximovitch e venerato dalla Chiesa il 19 giugno secondo il calendario giuliano, che corrisponde al 2 luglio del calendario gregoriano.

domenica 15 febbraio 2009

Vita di San Giovanni, arcivescovo di Shangai e San Francisco (VIII)

La morte di un santo

Fra coloro che conoscevano e amavano Vladika, la prima reazione alle notizie della sua morte improvvisa fu: non può essere! E si trattava di qualcosa di più di una semplice reazione alla sorpresa per l’evento, in quanto fra coloro che gli erano vicini si era incontenibilmente sviluppata l’idea che questo pilastro della Chiesa, questo sant’uomo sempre avvicinabile dal suo gregge, non sarebbe mai morto! Non ci sarebbe mai stato un momento in cui qualcuno non avrebbe più potuto rivolgersi a lui per un consiglio o per consolazione! In un certo senso, da un punto di vista spirituale, quest’idea da allora si è dimostrata vera. Ma è anche una delle realtà di questo mondo che ogni uomo che viva deve morire. Vladika era preparato a questa realtà.

Al direttore dell’orfanotrofio dove viveva, che nella primavera del 1966 gli stava parlando di un consiglio diocesano da tenersi da lì a tre anni, aveva detto: «A quel tempo non ci sarò più». Nel maggio 1966, una donna che conosceva Vladika da vent’anni e la cui testimonianza è, secondo il metropolita Filarete, «degna di completa fiducia», fu sorpresa dal sentirlo dire: «Morirò presto, alla fine di giugno, non a San Francisco, ma a Seattle».

Ancora, la notte prima della sua partenza per Seattle, quattro giorni prima di morire, stupì un uomo per il quale aveva appena officiato un moleben, con le parole: «Non bacere un’altra volta la mia mano». E il giorno della sua morte, alla fine della Divina Liturgia che aveva celebrato, spese tre ore in preghiera davanti all’altare, emergendone non molto tempo prima della sua morte, che avvenne il 2 giugno 1966: morì in una stanza dell’edificio parrochiale annesso alla chiesa. Fu udito cadere e dopo essere stato posto su una sedia da quelli che erano accorsi per aiutarlo, diede il suo ultimo respiro pacificamente e con scarso evidente dolore, in presenza dell’icona miracolosa del Segno di Kursk.

Prima della canonizzazione le sue reliquie riposarono in una cappella nei sotterranei della cattedrale di San Francisco (dopo la canonizzazione nel giugno del 1994 esse vennero spostate all’interno della chiesa stessa).

Poco dopo la sua morte, cominciò un nuovo capitolo della storia di questo sant’uomo. Esattamente come san Serafino di Sarov aveva detto ai suoi figli spirituali di considerarlo come vivo dopo la sua morte, visitando la sua tomba e dicendogli ciò che riempiva i loro cuori, così è provato che anche Vladika ascoltò coloro che ne onoravano la memoria. Subito dopo la sua morte, un suo vecchio studente, p. Amvrosy P., ebbe una notte un sogno o una visione: Vladika, vestito con i paramenti pasquali, ricolmo di luce e splendente, incensava la cattedrale e con gioia gli disse una sola parola, mentre lo benediceva: «felice».

Più tardi, prima della fine del periodo dei quaranta giorni, p. Costantine Z., per lungo tempo diacono di Vladika ed ora prete, che in seguito si era adirato con lui e aveva cominciato a dubitare della sua giustizia, vide in un sogno Vladika nella luce, con raggi che splendevano intorno al suo capo così luminosi che era impossibile guardarli. Così i dubbi di p. Costantine sulla sua santità disparvero.

La direttrice della Casa di San Tikhon di Zadonsk e per lungo tempo collaboratrice devota di Vladika, M. A. Shakmatova, vide in sogno una folla di persone trasportare la bara di Vladika nella chiesa di San Tikhon; Vladika tornava in vita e si metteva in piedi davanti alle porte regali, ungendo la gente e dicendo, rivolto a lei: «Dillo alla gente: sebbene io sia morto, tuttavia sono vivo!»

lunedì 9 febbraio 2009

Vita di San Giovanni, arcivescovo di Shangai e San Francisco (VII)

San Francisco II

Anna Hodyriva racconta: « Mia sorella Xenia Yarovoy, che viveva a Los Angeles, soffrì per un lungo periodo di dolori alla mano. Andò da vari medici, provò alcune cure, tuttavia nulla ebbe efficacia. Decise infine di rivolgersi a Vladika Giovanni e gli scrisse una lettera a San Francisco. Passò un po’ di tempo e la mano guarì. Xenia cominciava a dimenticarsi del suo precedente dolore, quando, una volta, essendo in visita a San Francisco, andò alla cattedrale per la liturgia. Al termine si recò da Vladika Giovanni per il bacio della croce e questi, vedendola, le chiese: «Come sta la tua mano?» Vladika vedeva mia sorella per la prima volta! Come poteva dunque riconoscerla e sapere che era lei ad avere avuto quei dolori?

Anna S. ricorda: «Io e mia sorella Musia fummo coinvolte in un incidente. Ci venne addosso un giovane ubriaco che colpì con notevole forza la portiera, nel lato dov’era seduta mia sorella. L’ambulanza la portò subito all’ospedale in condizioni molto serie, con una costola rotta che aveva perforato il polmone e le causava molto dolore. I suoi occhi erano diventati invisibili, talmente aveva il viso gonfio. Quando Vladika venne a visitarla, ella alzò la palpebra con il dito e, avendolo visto, gli prese la mano e la baciò; non poteva parlare, perché era stata tracheotomizzata, ma lacrime di gioia le scesero dagli occhi. Dopo che Vladika l’ebbe visitata varie volte, cominciò a stare meglio. Una volta Vladika entrò in reparto e disse: «Musia sta male, adesso». Allora andò verso il suo letto e, dopo aver chiuso la tenda che vi era intorno, pregò per lungo tempo. Durante questa preghiera fummo avvicinati da due medici e ne approfittai per chiedere quanto fossero serie le sue condizioni e se dovessi chiamare la figlia dal Canada (avevamo tenuto nascosto alla figlia che la madre aveva avuto un incidente). I medici risposero: «Avvisare o meno la famiglia è un problema vostro, quanto a noi non possiamo garantire che arriverà al mattino». Grazie a Dio ella non solo sopravvisse a quella notte, ma guarì completamente e ritornò in Canada… Io e la mia famiglia crediamo che Musia sia stata salvata dalle preghiere di Vladika Giovanni».

La vita di Vladika era regolata dalle esigenze della vita spirituale e se questo sconvolgeva l’ordine abitudinario delle cose, era per scuotere la gente dalla propria inerzia spirituale e ricordare loro che esisteva un giudizio più alto di quello del mondo. Un rimarchevole incidente degli anni di Vladika a San Francisco (1963) illustra molti aspetti della sua santità: l’audacia spirituale, basata sulla fede assoluta; la sua abilità di vedere il futuro e di superare con la vista spirituale i limiti dello spazio e il potere della sua preghiera, che operava miracoli al di fuori di ogni dubbio. L’incidente venne riferito dalla donna che ne fu testimone, la signora L. Liu; le esatte parole di Vladika furono confermate dal signor T., che è menzionato.

«A San Francisco mio marito venne coinvolto in un incidente automobilistico e seriamente ferito; aveva perso il controllo dell’equilibrio e soffriva terribilmente. In questo periodo Vladika aveva molti problemi. Conoscendo, però, il potere della sua preghiera, pensai: «Se chiedo a Vladika di venire da mio marito, questi sarà risanato». Ma mi dispiaceva farlo, perché egli era molto occupato. Passarono due giorni e improvvisamente Vladika venne da noi, accompagnato dal signor B.T., che aveva guidato per lui. Vladika stette con noi circa cinque minuti, ma io credevo che mio marito sarebbe stato risanato. Lo stato della sua salute in quel momento era nel suo punto peggiore e dopo la visita di Vladika ci fu una crisi acuta e poi egli cominciò a star meglio e visse ancora quattro anni. Era abbastanza vecchio. In seguito incontrai il signor T. in chiesa e questi mi disse che all’epoca stava portando Vladika all’aeroporto. Improvvisamente quegli gli aveva detto: «Adesso andiamo dai Liu». Egli aveva obbiettato che avrebbero fatto tardi per il volo e che era impossibile tornare indietro in quel momento. Allora Vladika disse: «Puoi essere responsabile della vita di un uomo?» Egli non potè fare altro che condurre Vladika da noi. Nonostante questo, quando andò via, non arrivò in ritardo per l’aereo».

venerdì 6 febbraio 2009

Vita di San Giovanni, arcivescovo di Shangai e San Francisco (VI)

San Francisco I

A San Francisco, la cui parrocchia-cattedrale è la più ampia della Chiesa russa all’estero, si era ritirato per motivi di salute un amico di lunga data di Vladika, l’arcivescovo Tikhon e in sua assenza la costruzione della nuova cattedrale aveva subito un arresto perché un’amara disputa paralizzava la comunità russa. In risposta alle pressanti richieste di migliaia di Russi della città che lo avevano conosciuto a Shangai, l’arcivescovo Giovanni venne inviato dal Sinodo come l’unico gerarca capace di riportare la pace nella comunità divisa. Giunse in quest’ultima diocesi che gli venne assegnata come vescovo ventotto anni dopo il suo primo arrivo a Shangai, il giorno della festa dell’Ingresso della Madre di Dio al Tempio, 21 novembre 1962.

Sotto la guida di Vladika venne ripristinata la pace, la paralisi della comunità terminò e così anche i lavori per la cattedrale. Tuttavia anche nel ruolo di pacificatore Vladika venne attaccato e sul suo capo vennero ammucchiate accuse e diffamazioni. Venne forzato ad apparire in tribunale – in flagrante violazione dei canoni della Chiesa – per rispondere all’imputazione assurda di nascondere la disonestà finanziaria del Consiglio parrocchiale. Tutti i coinvolti furono completamente esonerati; ma in questo modo gli ultimi anni di Vladika furono pieni di amarezza e persecuzioni, alle quali instancabilmente replicò senza lamentarsi, senza giudicare nessuno, con una pace immutata.

Vladika rimase fino alla fine del suo cammino coerente con il fedele servizio alla Chiesa. Per coloro che lo conobbero nei suoi ultimi anni spiccavano forse due aspetti del suo carattere: il primo era la sua severità in ciò che riguardava la Chiesa e la Legge di Dio.

Alla fine di ottobre la chiesa romano-cattolica celebra la festa di Tutti i Santi. Esiste una tradizione secondo la quale la notte precedente gli spiriti malvagi celebrino la propria festa del caos. In America, questa celebrazione, detta Halloween, è diventata ocasione nella quale i bambini fanno malefatte vestiti da streghe, diavoli, fantasmi, come se chiamati dai poteri oscuri – una diabolica parodia del Cristianesimo. Un gruppo di Russi aveva organizzato per quella notte un ballo di Halloween. In quello stesso momento, nella cattedrale di San Francisco, si celebrava la Veglia di Tutta la Notte e un buon numero di persone era assente, con grande dispiacere di Vladika. Dopo il rito Vladika andò nel luogo in cui si stava ancora tenendo il ballo. Salì i gradini ed entrò nella sala, con pieno stupore dei partecipanti. La musica terminò e Vladika, completamente in silenzio, diede un’occhiataccia alla gente sbigottita, facendo lentamente e deliberatamente il giro della sala, con il pastorale in mano. Non disse una parola e d’altronde non era necessario: la sola vista di Vladika punse la coscienza di tutti, ed era evidente dalla costernazione generale. Vladika se ne andò in silenzio e il giorno dopo, in chiesa, tuonò la sua santa indignazione e il suo bruciante zelo, invitando tutti alla devota vita cristiana.

Tuttavia Vladika non veniva ricordato dal suo gregge per il rigore, ma semmai per la gentilezza, la sua gioia, anche per quella che è stata chiamata “follia in Cristo”. La sua più popolare fotografia cattura qualcosa di questo aspetto del suo carattere. Era specialmente evidente nella sua condotta con i bambini. Dopo le funzioni egli sorrideva e scherzava con i ragazzi che lo servivano, scherzosamente colpendo i refrattari sulla testa con il suo pastorale. Certe volte il clero della cattedrale si sarebbe imbarazzato nel vederlo, nel mezzo di una funzione (ma mai all’altare) chinarsi a giocare con un bambino piccolo. E durante le feste in cui era prevista la benedizione con l’acqua santa, egli spruzzava i fedeli non sulla testa, come d’uso, ma direttamente in viso (cosa che una volta indusse una bambina ad esclamare «ti spruzza proprio!»), con un evidente bagliore negli occhi e una totale noncuranza per l’ansioso imbarazzo dei più pomposi.