giovedì 18 settembre 2008

Sant'Orso di Aosta

Vita del beato Orso, presbitero e confessore della fede nella città di Aosta (secc. VI-VIII?)

1. Grande opera è indagare le potenze e i miracoli che la potenza del Signore ha operato per mezzo del suo eletto e che opera fino ad ora per mezzo del suo servo; tuttavia riferirò poche delle molte cose accadute, in quanto operò miracoli nel mondo. È martirio l’aver umiliato la carne, vinto il nemico, trionfato sul mondo.

2. Dunque fu uomo di Dio, confessore [della fede] in questa città di Aosta, simile ad agnello mansuetissimo, semplice d’aspetto, ma pronto all’opera del Signore, come il Signore parlando ai suoi discepoli, disse: «Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe» (Mt. 10, 16). Nessuno lo vide una volta adirato, né turbato. Mai vi era nella sua bocca altro che pace, sopportazione, umiltà e misericordia; tralasciando il mondo in modo superiore alle umane capacità, si preparava alle gioie del paradiso.

3. Erano inoltre sue attività quotidiane: visitare gli ammalati, nutrire gli indigenti, consolare gli afflitti, e se vedeva una persona adirata, con molti discorsi calmava il suo animo. Custodiva la via della preghiera insistente, cento volte al giorno e cento alla notte glorificava assiduamente il Signore; una notte in cui percorreva i luoghi dei Santi, armava la sua fronte con il vessillo della croce, e, corso innanzi alle dimore dei Santi, là si aprirono l’ingresso e i chiavistelli del tempio.

4. Uomo di Dio, secondo il detto dell’Apostolo lavorava manualmente, solcando la terra con il sarchiello, e di sua mano piantò una vigna vicino all’ingresso della sua capanna, grazie alla quale si allontanò incolume, con l’aiuto di Cristo, da qualsiasi noia lo avesse tentato e fedelmente ricavò vino da essa.

5. Un tempo dunque ci fu una tale inondazione di piogge, che tutti i fiumi straripavano. Persino il fiume che si vede portare rovina fino ai confini di questo luogo, ebbe anche un tale afflusso di acque che superò tutte le sponde e portò rovina anche alle mura della città con vigorosi flutti. Così con tanta abbondanza d’acqua sommerse anche la chiesa in questo luogo, al punto che difficilmente qualcuno poteva entrarvi, e tutti i suoi campi si trasformavano in distese di ghiaia. Il soldato di Cristo non sapeva cosa fare, né dove portarsi, tuttavia, fiducioso della misericordia del Signore, innalzò intrepido una preghiera al Signore dicendo: «Signore Gesù, buon creatore e guida di tutto il mondo, che guidasti Noè sulle acque del diluvio; che liberasti il tuo popolo dei figli d’Israele dai molli gorghi delle valli e dalla mano del faraone invidioso, con il tuo aiuto passarono attraverso la terra asciutta; che liberasti il santo profeta Giona dal ventre della balena e con la tua parola lo riportasti dalle tempeste dell’abisso a terre asciutte; che stendesti la mano al tuo discepolo Pietro quando stava annegando; accorri all’invocazione del tuo servo e non abbandonare coloro che sperano in te; comanda che la rovina del fiume ritorni al suo alveo». Quando ebbe innalzato la preghiera al Signore, in quello stesso momento [il fiume] ritornò al suo alveo, quasi come se nemmeno un flutto ne fosse fuoriuscito; così la sua preghiera salvò ogni cosa nei dintorni di questo luogo.

6. Non tralascerò i miracoli che fin qui il Cristo si è degnato operare per mezzo del suo servo, che sono noti a tutti. Il beatissimo Orso acquistava un campo con steli di grano e vi lasciava del grano per gli uccelli, secondo l’insegnamento evangelico, che dice: «Guardate gli uccelli del cielo, poiché non seminano, né mietono» (Mt. 6, 26), e tuttavia il Signore li nutre. Era quotidianamente sollecito con le elemosine dei poveri, considerando quello che dice il Signore: «Venite benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è preparato per voi dall’origine del mondo» (Mt. 25, 34); ciò nonostante gli uccelli più sopra ricordati gli si appollaiavano sul capo e sulle mani non come se fossero selvatici, ma come addomesticati.

7. Una volta, nel mentre che l’uomo di Dio nutriva i suddetti uccelli e abitava nelle dimore dei Santi martiri, guardando vide un cavaliere che cercava il cavallo del suo signore, che era lo stesso sul quale sedeva, e non sapeva perché, così passando, non venisse anche a pregare presso il concilio dei Santi martiri, dove la confessione stessa [della fede] serviva fedelmente; chiamando a sé il servitore, il beato Orso disse: “Di’, disse, figlio mio, per quale solo motivo hai frequentemente preso questa strada, al punto che il tuo misterioso pensiero non ci è noto? Dove vai imperterrito o cosa cerchi e con dolore sospiri?” Rispondendo nelle lacrime il servitore gli disse: “Mio signore, oggi, quando sono passato per questo sentiero, mi venne sottratto un ottimo cavallo di cui il mio signore ogni giorno aveva cura, e non so cosa fare, «la mia anima è turbata fino alla morte» (Mt. 26, 38; Gv. 12, 27), non so dove fuggire o dove andare, a meno che la tua beata confessione [della fede] non mi consoli”. Allora l’uomo di Dio, con grande incoraggiamento chiamò a sé il fanciullo e gli disse: “Va’, disse, a pregare , figliolo, e ritorna da me e ti dirò la grande gioia che vuoi udire”. Quegli andò e ritornò da lui, aspettando il grande conforto che anche meritò di udire. Gli disse sant’Orso: “Quanti cavalli hai portato al pascolo?”Gli rispose: “Sei” “E quanti ne cerchi ancora?” “Ancora uno” “Questo, con il quale ora giungesti, così più bello d’aspetto, qual è?” Allora il fanciullo, tremante e assai meravigliato disse: “Questo è quello che cerco, signore”. Allora il servitore si prostrò ai piedi di sant’Orso e gli rese grazie e benedisse che il Signore, che attraverso il suo santo ed eletto confessore Orso gli diede un grande e mirabile conforto. Allora infine sant’Orso lo rimproverò e disse: “Le altre volte che percorrerai questa strada, figliolo, ricordati di venire in questo santo luogo e di pregare presso il concilio dei Santi martiri, perché bisogna che tu invochi la misericordia del Signore”.

8. In quello stesso periodo in cui tali cose operava la potenza del Signore per mezzo del suo santo, accadde ad un servitore, ministeriale del vescovo di quella città, di nome Ploceano, di commettere delle colpe; sapendo di aver commesso delle scelleratezze, con una corsa concitata si diede alla fuga verso il concilio dei Santi, dove serviva con zelo l’uomo di Dio. Entrato dunque il beatissimo Orso, svolgendo come consuetudine il servizio connesso alla sua carica, trovò il servitore che stava vicino al tempio e gli disse: “Perché peccasti, figliolo?” Rispondendo il servitore riferì ogni singola colpa da lui commessa e lo pregava che domandasse indulgenza per lui al suo signore. L’uomo di Dio, uscito dal tempio, si recò in città dal suo vescovo Ploceano e cadendo ai suoi piedi disse: “Mio signore, il vostro servitore, riconoscendo di avere peccato presso di voi, trattenuto dal fuggire chiese perdono presso la chiesa dei Santi; perciò chiedo che lo perdoniate per questa colpa”. Gli rispose il vescovo Ploceano: “Va’, fratello, e di’ al servitore di venire, perdonato, alla nostra presenza”. Ritornato, l’uomo di Dio disse al servitore: “Va’, figliolo, e non peccare più, perché per questa colpa hai il perdono del vescovo”. Il vescovo Ploceano, convocando gli altri presenti disse loro: “Se non catturerete questo servitore una volta uscito dal tempio e non me lo porterete, subirete una punizione insieme con lui”. Trattenuto dunque il servitore da coloro che erano stati mandati, condotto davanti al vescovo Ploceano, quegli, gridando contro di lui e preso da pazzia, comandò di percuoterlo tanto, fino alla soglia della morte; comandò di tagliarli i capelli e di porgli sul capo del bitume, agendo non come un cristiano, ma come un ferocissimo tiranno.

9. Quando a stento il servitore riuscì a fuggire da questi tormenti, venendo dall’uomo di Dio disse: “Perché, disse, hai voluto comportarti in questo modo, padre mio, che mi ordinasti con inganno di uscire come omicida da questa chiesa?” Gli disse il beatissimo Orso: “Cosa accadde, disse, figliolo?” Riferì il servitore cosa gli era stato fatto e mostrò al beato Orso di essere stato percosso e rasato. Gemette l’uomo di Dio, e piangendo, quasi come se avesse commesso una grande scelleratezza, disse: “Ohimé, un nome di vescovo che agisce con falsità. Va’, figliolo, di’ a Ploceano che fra pochi giorni la sua anima sarà presa dagli angeli tartarei, come sta scritto: «Sarete servi di colui cui obbedirete» (Rm. 6, 16) e ancora «Chiunque abbia violato il tempio di Dio, Dio lo farà morire» (1 Cor. 3, 17). E tu, figliolo, prepara il tuo viaggio, perché anche tu migrerai da questo mondo. Va’ in causa con lui; e io poi sarò con voi, in modo da essere presente alla vostra udienza quando verrete in causa davanti al sommo giudice”. Considera queste cose che disse l’uomo di Dio come vere, perché più tardi gli eventi le dimostrarono tali. In quella notte nella quale il suddetto vescovo migrò da questa luce, venne proiettato dal suo letto nella terra e rese lo spirito, anche il servitore, secondo le parole del sant’uomo, migrò da questo mondo.

10. In questi giorni costantemente l’atleta di Dio persisteva in digiuni e veglie, ricordando ciò che il Signore nei precetti del suo vangelo disse: «Beati quei servi che quando verrà il padrone saranno trovati vigilanti. Amen dico a voi che si cingerà, li farà partecipare alla mensa del suo regno e, passando, li servirà» (Lc. 12, 37-38). Perseverando in tali cose, il confessore del Signore, secondo le parole della sua bocca, migrò al Signore: unito al coro dei Santi, fra fiori immarcescibili e germoglianti, fu unito anche ai sacerdoti di Cristo Severo e Giuliano, che da questo mondo lo precedettero nella pace del Signore nell’eterno riposo, regnante il Signor nostro Gesù Cristo, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Traduzione italiana della "Vita" latina del ms. di Farfa (secc. IX-X), edita da A. P. Frutaz, Le fonti per la storia della Valle d'Aosta, Roma 1966, pp. 163-167.

La memoria del nostro padre fra i Santi Orso è celebrata il 1 febbraio, secondo il calendario giuliano, che corrisponde al 14 febbraio del calendario civile.




Particolari del reliquiario di sant'Orso, conservato nella Collegiata omonima ad Aosta (chiesa cattolico-romana) ed esposto il giorno della festa del santo (secondo il calendario gregoriano).

2 commenti:

Rev.Padre Angelo ha detto...

Ho letto con molto interesse le pagine del tuo blogs, se me lo permetti lo metto tra i preferiti e i consigliati del mio...è appena all'inizio ma crescera.
http://laveritavirenderaliberi.blogspot.com/

Dio ti benedica

Alessandro ha detto...

Nessun problema padre, anzi la ringrazio. Spero davvero che cresca e soprattutto possa contribuire a far conoscere agli italofoni l'azione del Santo Spirito attraverso le vite dei santi ortodossi, noti o dimenticati, italiani e stranieri.