domenica 21 marzo 2010

Lettera di matiuska Julia Sysoyeva sulla morte del marito

Carissimi, grazie per il vostro supporto e le preghiere. Questo dolore non può essere espresso a parole: è il dolore di coloro che si trovarono di fronte alla Croce del Salvatore. Questa gioia non può essere espressa a parole: è la gioia provata da coloro che vennero al sepolcro vuoto.

Dov’è, morte, il tuo pungiglione?

Padre Daniele aveva previsto la sua morte già molti anni prima che accadesse. Aveva sempre desiderato essere degno della corona del martirio. Quelli che gli hanno sparato volevano, come sempre, sputare in faccia alla Chiesa, come un tempo sputarono in faccia a Cristo. Non hanno raggiunto il loro scopo perché è impossibile sputare in faccia alla Chiesa. Padre Daniele è salito sul suo Golgota nella chiesa che aveva egli stesso costruito, chiesa cui aveva dedicato tutto il suo tempo e le sue energie. Lo hanno ucciso come l’antico profeta, fra il tempio e l’altare ed è veramente stato ritenuto degno della chiamata di martire. Egli è morto per Cristo, Colui che ha servito con tutte le sue energie.
Molte volte mi aveva detto che gli dispiaceva non avere abbastanza tempo, tempo per fare ogni cosa. Era come di fretta. Alcune volte, come uomo, esagerava, faceva cose sbagliate, inciampava e commetteva errori, ma non ha commesso errori sulla cosa più importante, la sua vita era interamente dedicata a Lui.
Io non comprendevo perché fosse così di fretta. Gli ultimi tre anni era stato occupatissimo a servire, senza essersi mai preso giorni di riposo o vacanze. Io mi lamentavo, volevo allora e sempre semplicemente felicità, che mio marito e il padre dei miei figli stesse con me e i bambini. Ma un’altra strada era stata preparata per lui.
Era solito dire che l’avrebbero ucciso. Io gli chiedevo chi si sarebbe preso cura di noi, di me e dei bambini. Rispondeva che ci avrebbe messo in mani sicure: «Vi affiderò alla Madre di Dio. Ella si prenderà cura di voi».
Queste parole furono troppo rapidamente dimenticate. Ci disse con quali paramenti seppellirlo. Io scherzavo, dicendo che non c’era bisogno di parlare di questo, non si sapeva ancora chi avrebbe seppellito chi. Disse che sarei stata io a seppellirlo. Una volta la nostra conversazione cadde sui funerali, non ricordo i dettagli, ma dissi che non ero mai stata ai funerali di un prete. Ed egli rispose che non importava, che sarei stata al suo.
Ora ricordo molte parole che acquistano significato. Ora i miei dubbi si sono dissolti, le incomprensioni sono scomparse.
Non ci siamo detti addio in questa vita, non ci siamo chiesti perdono, non ci siamo abbracciati. Era solo un altro giorno: al mattino era andato alla liturgia e non l’avevo visto di nuovo. Perché non sono andata in chiesa ad incontrarlo? Ci ho pensato, ma ho deciso che sarebbe stato meglio preparare la cena e mettere i bambini a letto, piuttosto che andare là. C’era una mano che non mi lasciava andare. Ma la sera prima ero andata in chiesa e l’avevo visto. Mi sentivo come se nuvole scure si addensassero su di noi. E negli ultimi giorni avevo provato a passare più tempo con lui. Nell’ultima settimana avevo pensato solo alla morte e alla vita dopo di essa. Non riuscivo a non pensare che a queste due cose. Quel giorno mi giravano in testa le parole: «La morte aspetta dietro di voi». Nell’ultima settimana tutto era stato difficile, come se un grosso carico mi fosse stato svuotato addosso. Non mi sono spezzata. Egli mi supporta, mi sento come se mi stesse davanti. Allora ci dicemmo molte parole affettuose, che mai ci eravamo detti prima. Solo ora capisco quanto fosse grande il nostro amore.
Il servizio di commemorazione per i quaranta giorni dalla morte di padre Daniele avverrà la vigilia del suo onomastico e della festa patronale della futura chiesa, il 29 dicembre, e il 30 dicembre è la festa del profeta Daniele. Secondo la profezia di un anziano la chiesa sarebbe stata costruita, ma Daniele non vi avrebbe servito. La seconda parte della profezia ha appena trovato compimento.

Matiuska Julia Sysoyeva

Padre Daniele Sysoyev (Sysoev) (III)

Moltissimi, anche fra coloro che non erano d’accordo con lui su alcuni argomenti, furono sorpresi ed ammirati dal suo coraggio. Non molto tempo fa, dopo il funerale, un mio conoscente sacerdote mi chiamò e disse che aveva visto un video in cui p. Daniele stava in un auditorium pieno di Musulmani e dal podio parlava loro con gioia di Cristo e di come l’Islam, rigettando il Cristo Dio-Uomo non poteva essere una religione vera. «Io non riesco davvero a comprendere» mi disse «che coraggio bisogna avere semplicemente per stare in mezzo a loro e parlare».

Il video di cui parlava venne filmato durante il primo dibattito con i Musulmani. Alcuni ortodossi non erano entusiasti del fatto che p. Daniele prendesse parte a simili dibattiti; tuttavia, l’iniziativa non era sua. I Musulmani lo avevano pubblicamente invitato e come può un testimone di Cristo rifiutare di dare una risposta per la sua speranza? (1 Pt. 3, 15) Il suo rifiuto sarebbe stato per loro un argomento nella loro propaganda per l’Islam.

Padre Daniele mi disse più tardi che era sicuro che dopo il primo dibattito sarebbe stato ucciso, e la sera prima provò grande paura e sconforto. Durante la notte ebbe una visione: vide se stesso in un labirinto di ciottoli, sul genere di quelli che ci sono al nord. Camminando attraverso di esso in circolo giunse al centro dove vi era un altare su cui stava un sacrificio che era stato appena ucciso. Comprese che si trattava di un altare a satana e di un sacrificio per lui. Padre Daniele fu preso dalla rabbia e rovesciò l’altare con un calcio. Immediatamente apparve Satana, nella forma di un giullare con il cappello da folle, come sulle carte da gioco. I suoi occhi erano pieni di odio selvaggio ed egli si scagliò su p. Daniele. Batiuska cominciò a pregare «Santissima Madre di Dio, proteggimi!» «San Nicola, aiutami», così come ad invocare altri santi ed allora apparve qualcosa come un muro invisibile, cosicché Satana non poté raggiungerlo e venne respinto più volte. Vedendo questo, batiuska si consentì un pensiero vano e proprio in quel momento Satana infranse il muro invisibile e lo afferrò per il collo. Padre Daniele gridò: «Santissima Madre di Dio, perdonami, ho peccato, salvami da lui!» A quel punto Satana scomparve e p. Daniele udì: «Non perderai, ma nemmeno vincerai», in merito al dibattito che stava per aver luogo.

«E così accadde», mi disse p. Daniele. Aggiunse che dopo la visione smise completamente di temere i Musulmani e le loro minacce, perché, dopo aver visto Satana in persona e la sua impotenza di fronte a Dio, era impossibile essere colpiti da qualsiasi male umano, che è sempre inferiore al male di Satana.

Durante il secondo dibattito io e Oleg Stenyaev andammo in aiuto a p. Daniele. Mi sembrò che andasse bene (sebbene, naturalmente, avrebbe potuto andare meglio); è tuttavia degno di nota che dopo di esso alcuni Musulmani che avevano aiutato nell’organizzazione si convertirono all’Ortodossia.

Essendo egli stesso Tartaro per metà (da parte di madre), p. Daniele pose molta attenzione nel divulgare e rafforzare l’Ortodossia presso i Tartari. Egli fu il primo e, mi pare, il solo prete che, con la benedizione del suo vescovo, iniziò regolarmente a servire molieben parzialmente in lingua tartara per Tartari ortodossi. In più pubblicò, a sue spese, un libro di preghiere in tale idioma. Assieme ai suoi aiutanti predicò a Sabantuy, un festival nazionale tartaro e nel centro culturale tartaro. In Egitto predicò per ore alla sua guida musulmana ed in televisione disputò con i muftì in materia di fede.

In questo modo acquisì una fama scandalosa presso i Musulmani, che allarmò e sconfortò alcuni ortodossi, ma non p. Daniele. Egli disse che la sua fama aiutava la sua missione e ciò era vero; perché quei Musulmani che avevano anche un piccolo interesse sul Cristianesimo apprendevano da chi andare e non sbagliavano, perché sarebbero stati sempre accolti da p. Daniele con amore e con le risposte per tutte le loro domande. Ci furono alcuni Musulmani che, essendo venuti da lui con l’intento di convertirlo all’Islam, finirono per essere loro stessi battezzati da lui.

Fra quelli che si considerano ortodossi, ho incontrato alcune strane persone che dicono che p. Daniele non avrebbe dovuto predicare ai Musulmani, che bisogna rispettare la loro religione e che non c’è beneficio da una simile predicazione. Ma p. Daniele pensava, come anche il Signore, gli Apostoli e tutti i santi, che sia necessario rispettare le persone che sbagliano, ma non i loro errori. La verità è una, ciò che contraddice o nega la verità è bugia e il rispetto per la bugia è disprezzo della verità. Coloro che sono indifferenti alla verità non possono comprendere questo semplice fatto e, pertanto, non possono comprendere p. Daniele, sebbene possano dovergli la vita. Batiuska si impegnò a portare a Cristo un certo numero di Wahabi, che includeva alcuni Pakistani che stavano pianificando di diventare attentatori suicidi ed una donna con il medesimo intendimento. Sarebbe veramente stato meglio che p. Daniele non avesse predicato a queste persone ed essi, continuando con i loro piani precedenti, avessero fatto saltare un aeroplano, un palazzo o una metropolitana, dove forse avrebbe anche potuto essere uno dei critici di p. Daniele?

Con anche maggiore successo p. Daniele predicò ai Protestanti. Quando, con la benedizione del metropolita Vladimir (Ikim, di Tashkent e dell’Asia Centrale), andò in Kirghisistan con i suoi missionari e cominciò a visitare i raduni dei Protestanti e a convertirli (vi erano anche i loro pastori fra quelli che vennero riuniti all’Ortodossia), i capi locali delle sette, non essendo in grado di opporsi alle sue parole, presero la decisione di non permettere raduni finché p. Daniele non avesse lasciato la regione. In questo modo essi cercarono di impedirgli la predicazione ai loro raduni cancellando i raduni stessi.

Padre Daniele si preoccupò anche di organizzare missioni in tutto il mondo. Insieme andammo due volte in Macedonia per predicare presso gli scismatici locali. Si occupò anche del problema di come predicare ai Cattolici in Europa occidentale e nel Sud America. Nel dicembre 2009 aveva sperato di andare in Tailandia per predicare nelle regioni del nord. Essendo missionario amava moltissimo gli altri missionari e cercava di conoscere tutti quelli che predicavano il Vangelo e ne aiutò molti. Donò denaro per costruire una chiesa in Indonesia e per educare bambini ortodossi di famiglie povere dello Zimbawe; venne ospitato da ortodossi Cinesi, Tailandesi e pure Nativi americani. Con la benedizione del patriarca Alessio II aveva fondato una scuola per missionari ortodossi. In più insegnava missiologia al seminario teologico Nikolo-Perervinsk.

Ciò che è strabiliante è che la sua attività missionaria non inibì per nulla il suo lavoro in parrocchia e le sue responsabilità. Nel 2001 venne ordinato prete e nel 2006 costruì una piccola chiesa di legno nel sud di Mosca, dedicata all’apostolo Tommaso (di cui era il rettore). Il suo obbiettivo sarebbe stato di costruire, nello stesso luogo, una grande basilica dedicata al suo santo patrono, san Daniele. Secondo ciò che mi disse, tale idea gli era venuta visitando la chiesa di san Demetrio a Tessalonica.

Ogni giovedì p. Daniele conduceva studi biblici, spiegando un capitolo dell’Antico e del Nuovo Testamento alla luce dell’insegnamento dei Santi Padri. Ogni venerdì guidava le classi catechetiche, cui ogni adulto che voleva essere battezzato doveva partecipare e ogni domenica teneva la scuola domenicale per i bambini. Pensando che le persone avrebbero meglio compreso le funzioni liturgiche, aveva pubblicato testi della Veglia di Tutta la Notte e della Liturgia, organizzando un insieme di persone a rotazione per consegnarli prima del rito e aveva anche introdotto il canto congregazionale. Il risultato fu che i parrocchiani erano grati di poter finalmente comprendere il senso di ciò che veniva cantato in chiesa. Batiuska celebrava con grande concentrazione, specialmente nell’ultimo anno e amava predicare. Durante la liturgia predicava due o tre volte.

Uno dei miei amici, servitore all’altare nella chiesa di p. Daniele, mi disse, non molto prima della morte di quest’ultimo, che era meravigliato di come, senza trattenere nulla e senza alcuna pietà per se stesso egli si dedicasse interamente alle persone, specialmente ai suoi parrocchiani.

Davvero non si risparmiava affatto. Mi ricordo come un giorno si ruppe una gamba, ma non gli venne dato un prete per sostituirlo. P. Daniele, allora, con la gamba ingessata, andò personalmente a servire la liturgia e lo fece nonostante il dolore. Tutti i parrocchiani ed i suoi conoscenti ricordano p. Daniele come allegro, ma pochi sanno quanto spesso sopportasse dolori e malattie, specialmente fortissimi mal di testa e dolori di cuore. Batiuska, tuttavia, non mostrava le sue sofferenze ed era attento alla moltitudine dei suoi parrocchiani, ascoltandoli e dando loro consiglio.

Bisogna dire che non impose mai, come un dittatore, le sue idee a quelli che lo circondavano. Ascoltava sempre le obiezioni se erano reali e spesso correggeva le sue idee se si accorgeva che non erano in accordo con la verità. Invitò spesso me ed altre persone di cui si fidava a discutere l’una o l’altra delle sue opinioni ed a verificare se fossero errate. Se comprendeva di non essere nel giusto non era un problema per lui ammetterlo e ripudiare il suo errore, perché valutava la verità più delle proprie opinioni e rispettava ogni persona intorno a lui.

Un’altra particolarità, che molti pensano fosse uno dei suoi difetti e che in realtà derivava dal suo amore ardente per la verità, era la maniera categorica con cui esprimeva le sue idee. Su ogni argomento egli cercava di raggiungere la verità e se ci riusciva, la esprimeva direttamente e con certezza. Nel nostro mondo politicamente corretto, una simile franchezza è simile ad una acuto raggio di sole che penetra nell’oscurità. Questa onesta brutalità richiamava molti, ma per molti altri era qualcosa che, al contrario, li respingeva.

P. Daniele era una persona educata ed onesta. Era una di quelle persone alle quali chi aveva bisogno non doveva far altro che chiedere e non avrebbe mai ricevuto un rifiuto.

Ho anche molti ricordi personali su questo: mi ricordo quando mi fece visita in ospedale, come mi portò sua figlia Dorotea per mostrarmela quand’aveva solo due o tre giorni, e poi quando mi insegnò a guidare l’automobile. Mi ricordo i nostri viaggi, specialmente quello in Serbia, dal quale ritornammo soltanto una settimana prima del suo martirio. Durante quel viaggio mi confessò che, quando si trovava in difficoltà o quando le circostanze della vita sembravano insopportabili, egli sentiva sempre come di essere su una grande mano, che lo guidava attraverso tutte le difficoltà.

L’ultimo giorno della sua vita incominciò con la liturgia, che egli servì e durante la quale, naturalmente, si comunicò. In seguito battezzò un bambino ed unì alla Chiesa ortodossa un uomo convertitosi dall’occultismo. Poche ore dopo, come al solito, guidò uno studio biblico, dopo il quale parlò con chiunque lo desiderasse fino a tardi. Infine, quando ormai tutti erano usciti dalla chiesa, andò in altare per ascoltare la confessione di un figlio spirituale. In quel momento l’omicida fece irruzione in chiesa e cominciò a sparare e urlò: «Dov’è Sysoyev?». Senza timore p. Daniele uscì dall’altare per andargli incontro ed accettò una fine da martire per Cristo.

Ricordo che batiuska aveva sostenuto molte volte come le letture del Vangelo che si facevano durante le celebrazioni non fossero accidentali e che sempre risultavano, con nostro stupore, essere tempestive ed appropriate. Il giorno della sua morte la lettura del Vangelo conteneva le seguenti parole del Signore: «A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla […] Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio» (Lc. 12, 4-8).

Come disse Sua Santità, il Patriarca Kirill, nelle sue condoglianze per la morte di p. Daniele, «Il Signore ha chiamato a Sé il suo fedele servitore, avendogli dato la possibilità di essere un confessore della fede e martire nell’opera di diffondere il Vangelo».

martedì 16 marzo 2010

Padre Daniele Sysoyev (Sysoev) (II)

Ricevette lettere e telefonate di minaccia da parte di Musulmani. Un anno e mezzo prima dell’omicidio, la giornalista musulmana Halida Hamidullina richiese l’intervento del pubblico ministero contro p. Daniele per incitamento all’odio inter-religioso ed inter-etnico. Il pubblico ministero rifiutò di portare avanti la causa, ma nei mass media islamici iniziò una vera e propria campagna di diffamazione; gli Ortodossi non ne sanno nulla perché, comprensibilmente, non sono famigliari con i mass media islamici.

Non molto tempo fa, solo tre giorni prima dell’omicidio, p. Daniele mi stava riportando a casa in macchina e ridevamo nel ricordare la vita di dieci anni fa. P. Daniele disse che, di tutte le religioni, l’Islam era sempre stata quella che lo interessava meno e non aveva pianificato di studiarla. Gli ricordai anche di una vecchia conversazione che avemmo quando stava tornando dalla chiesa della rappresentanza Krutitsky ed era apparso contento di scoprire che stavo scrivendo alcuni articoli apologetici, in risposta alle critiche islamiche. Egli disse: «Oh, questa è un’ottima cosa, significa che non dovrò occuparmene io». Ma il Signore, prima attraverso una serie di circostanze fortuite, poi attraverso qualcos’altro, fece in modo che egli entrasse in contatto con Musulmani o con l’argomento Islam e p. Daniele proseguì diritto verso il luogo che il Signore gli indicava. Questo era ciò che gli importava di più.

P. Daniele si laureò all’Accademia Teologica di Mosca nel 2000, dopo aver discusso con successo la sua tesi L’antropologia dei Testimoni di Geova e degli Avventisti del Settimo Giorno. Più tardi venne pubblicata in un volume. Scrisse anche un certo numero di altri libri: Una passeggiata con un Protestante in una chiesa ortodossa è un lavoro unico, nel quale, sulla base della Bibbia, sono spiegate la disposizione e l’arredo di una chiesa ortodossa e il significato del culto ortodosso. Cronache dell’Inizio e Chi è come Dio, o Quanto è lungo un giorno della Creazione sono dedicati, come disse egli stesso, a difendere l’insegnamento patristico sulla creazione del mondo. In questi libri p. Daniele spiega perché un Cristiano ortodosso non possa aderire alla teoria dell’evoluzione.

Matrimonio con un Musulmano è dedicato ad uno degli argomenti più dolorosi della coesistenza fra Cristiani e Musulmani nella nostra terra. Il pretesto per questo libro nacque quando venne aperta, sul sito web Ortodossia ed Islam, una sezione in cui era possibile fare domande ad un prete, dove chiunque poteva porre questioni a p. Daniele. Egli fu sorpreso dall’abbondanza delle lettere che riceveva da donne battezzate che, o pianificavano di sposare un Musulmano, e domandavano se questo fosse ammesso dalla Chiesa, oppure erano già sposate con un Musulmano e avevano vari problemi e cercavano un consiglio. In più, durante la sua attività pastorale, gli accadde di incontrare donne russe che, sotto l’influenza di un simile matrimonio, avevano rinunciato a Cristo e si erano convertite all’Islam e poi, avendo avuto notevoli difficoltà all’interno di un simile matrimonio e avendo compreso il proprio errore con l’aiuto di batiuska, si erano pentite ed erano ritornate alla Chiesa. Tutto questo indusse p. Daniele a scrivere un libro esaustivo su questo argomento, ricordando alla gente che, secondo le regole della Chiesa, non è ammissibile per un Cristiano ortodosso sposare una persona di altra fede; inoltre diede anche concreti consigli sui problemi che nascono se un simile matrimonio, nonostante tutto, avesse avuto luogo. Scrisse anche un opuscolo dal contenuto simile, intitolato Sposato/a ad un non credente?

Oltre a ciò p. Daniele pubblicò un libro, Perché non sei ancora battezzato?, in cui esaminava le tipiche obbiezioni contro il battesimo che si ascoltano dalla gente di tutti i giorni. Per i battezzati, ma non praticanti, scrisse un opuscolo dal titolo Perché si dovrebbe andare in chiesa ogni domenica. Per i praticanti, scrisse con me Sulla comunione frequente. Non molto prima della sua morte mi disse che il libro che aveva più caro era Omelie sul Cantico dei Cantici, che è una raccolta delle omelie bibliche che aveva fatto nel corso degli anni, spiegando le Scritture alla luce dei Commentari dei Santi Padri.

Infine, il suo ultimo libro fu Istruzioni per l’Immortale, ovvero cosa fare se, nonostante tutto, sei morto. In esso scrisse le seguenti parole: «In assoluto la migliore morte per un Cristiano è, naturalmente, il martirio per Cristo il Salvatore. In linea di principio si tratta della più grandiosa morte possibile per una persona. Alcuni mandarono condoglianze al monastero di Optina dopo l’assassinio di tre monaci (i monaci Basilio, Trofim e Terapont, assassinati da un satanista nel 1993 n.d.T.) ma, per un Cristiano, il martirio è, in realtà, la gioia suprema. Nella Chiesa antica non venivano inviate condoglianze, quando qualcuno veniva ucciso da qualche parte. Tutte le chiese mandavano invece immediatamente congratulazioni. Potete immaginarvi, congratularsi con alcuni per il fatto che essi avevano un nuovo intercessore in Paradiso! Una morte da martire lava tutti i peccati, a parte l’eresia e lo scisma…».

lunedì 15 marzo 2010

Padre Daniele Sysoyev (Sysoev) (I)

Quello che segue è il ricordo del nuovo ieromartire Daniele, scritto dall'amico e collega prof. Yuri Valerievich Maximov, tutor all'Accademia Teologica di Mosca e membro del gruppo di lavoro sinodale della Chiesa ortodossa russa sulle relazioni inter-religiose, relatore a numerose conferenze internazionali, autore di quattro monografie, principalmente incentrate sui rapporti fra Cristianesimo ed Islam, e di un numero molteplice di articoli di vario argomento teologico, agiografico e storico.

Nella tarda notte del 19 novembre 2009, padre Daniele Sysoyev venne ucciso nella chiesa dell’Apostolo Tommaso, sulla Kantemirovskaya, a Mosca. Una persona non identificata che indossava una maschera entrò in chiesa e lo uccise di punto in bianco.
Conoscevo p. Daniele da dieci anni, fin dall’ottobre 1999, quando ci incontrammo ad una conferenza in cui parlavamo entrambi. Mi chiamò la notte prima e il giorno della conferenza vidi un uomo camminarmi davanti, vestito con la riassa, e compresi immediatamente che si trattava proprio del diacono Daniele Sysoyev con cui avevo parlato al telefono.
C’era qualcosa di simile nella sua voce e nel suo modo di camminare che esprimeva la sua unicità e portava a riconoscerlo senza errori in mezzo alla folla, anche da dietro e anche da parte di chi non avesse famigliarità con lui.
In una delle sue interviste, rilasciata poco prima di morire, p. Daniele disse che «dobbiamo camminare davanti a Dio come Egli disse di Enoch ‘camminò davanti a Dio e Dio lo prese’. Questo camminare davanti a Dio è la radice delle missioni». Per descrivere brevemente p. Daniele, egli camminò davanti a Dio. E sebbene questo sia, in primo luogo, lo stato di un’anima rivolta a Dio completamente, trovava comunque espressione letterale nella sua camminata, per non parlare delle sue azioni e delle sue parole.
Camminava con passo leggero, come chi sa dove sta andando, come chi è tranquillo per il presente e non si preoccupa del futuro perché ha interamente affidato le sue preoccupazioni a Dio, che gli è vicino come un Padre amorevole.
Durante i dieci anni in cui l’ho conosciuto, p. Daniele aveva detto molte volte che avrebbe voluto morire come martire. Mi dispiace che adesso queste parole suoneranno completamente diverse da quando le pronunciammo. Quando parlava del martirio non c’era né cupa solennità, né estasi malsana. Lo diceva semplicemente e con gioia e io, ascoltandolo, avvertivo lo stesso imbarazzo e perplessità che provai quando lessi nelle lettere di Ignazio il Portatore di Dio del suo desiderio fervente di soffrire per Cristo. Uno e lo stesso spirito si trovava nell’uno e nell’altro ed io non comprendevo nessuno dei due.
Mi ricordo come, alcuni anni fa, quando eravamo in Macedonia, portai p. Daniele all’anfiteatro dell’antica città di Bitol. Qui, all’epoca dell’Impero romano, la gente veniva data in pasto agli animali selvaggi per la gioia delle folle pagane. Ai lati rimanevano due piccole stanze, nelle quali venivano tenuti gli animali prima di liberarli nell’arena e, nel centro, c’era una scatola della dimensione di un uomo, dalla quale il condannato usciva al suo tormento. Certamente in quell’anfiteatro numerosi martiri della Chiesa primitiva accolsero la morte per Cristo in questo modo. Dissi a p. Daniele: «Guarda, padre, puoi stare dove i martiri stavano prima di andare al loro podvig». Ed egli entrò nella scatola oscura. Mi ricordo come stava là e fissava il cielo.
Probabilmente avrà guardato con la stessa attenta tranquillità il suo assassino. Confesso di essermi chiesto se batiuska in quel momento finale avesse paura o meno, perché io avrei avuto paura. Perciò chiesi al testimone oculare che vide l’omicidio con i propri occhi cosa stesse facendo, p. Daniele, quando, lasciando l’altare, vide l’uomo mascherato con una pistola in mano. Mi venne risposto: «Stava camminando verso di lui. Dritto verso di lui».
Padre Daniele Sysoyev era nato il 12 gennaio 1974 e venne battezzato quando aveva tre anni. Crebbe in una famiglia religiosa. Mi ricordo come mi raccontò i suoi amati ricordi d’infanzia: come sua madre gli leggesse le vite dei santi prima di andare a letto.
Batiuska trattò la fede con coscienza e serietà fin da giovane. Secondo quanto riportato da lui stesso, fin da quando aveva dodici anni, se i genitori gli chiedevano qualcosa, egli per principio chiedeva che gli venisse data una motivazione biblica per farlo e, se la riceveva, allora avrebbe portato a termine la richiesta senza discussioni. In ciò era già riflesso il suo principale desiderio: conoscere la volontà di Dio sempre e per qualsiasi cosa e seguirla. Egli preferiva Dio a qualsiasi altra cosa ed il volere di Dio a qualunque altro volere.
Conosco molti buoni preti in Russia, ma non ho mai incontrato una persona che amasse Dio così intensamente, con fervore e rinuncia a sé come p. Daniele. Non molto prima della sua morte mi trovavo ad uno dei suoi incontri catechetici e pensavo che solo una persona che amava profondamente potesse, senza alcuna interruzione, parlare per due ore e mezza di Dio e solo di Dio e parlarne in modo tale che la gente ascoltasse per tutto il tempo senza far rumore.
In epoca sovietica già cantava nel coro e, dopo aver finito la scuola, nel 1991, entrò al Seminario Teologico di Mosca. Mi disse che aveva sempre desiderato essere un prete e che non si immaginava nulla di diverso. Tale desiderio gli era sorto durante l’infanzia, una volta che era andato incontro ad una morte clinica ed aveva visto un angelo che riportava la sua anima nel corpo.
Nel 1995 p. Daniele si sposò, finì il seminario e venne ordinato al diaconato. Da quel momento cominciò la sua estesa predicazione e la sua attività missionaria; inoltre insegnava la Legge di Dio alle classi superiori del ginnasio ortodosso Yasenevo. Dei suoi ricordi di quel tempo mi si è fissato in mente un incidente in particolare. Un giorno diede ai suoi studenti, come argomento per un tema Che cosa rimarrà dopo che me ne sarò andato? Che cosa porterò con me quando morirò? Numerosi genitori vennero da lui con indignazione: «Come potete dare un simile tema a dei bambini? Non bisogna ricordar loro la morte». Ad essi egli replicò: «Perciò i vostri bambini sono immortali?». P. Daniele era convinto che, poiché nessuno di noi può evitare la morte, abbiamo bisogno di essere preparati ad essa in modo appropriato, cosa per la quale un Cristiano possiede tutto il necessario, e prima cominciamo, meglio sarà.
A partire dal 1996, p. Daniele guidò dibattiti sulle missioni alla chiesa della rappresentanza di Krutitsk, lavorando con p. Anatolij (Berestov) nel Centro Pastorale S. Giovanni di Kronstadt. Egli incontrò e parlò con membri di vari culti, predicando loro e convertendoli all’Ortodossia. A parte p. Daniele non ho conosciuto nessuno che potesse confrontarsi audacemente con qualsiasi uditorio, cominciare una conversazione con una persona di qualsiasi visione religiosa ed avere sempre qualcosa di sostanziale da dire. Era un vero missionario, amava parlare di Cristo alla gente e amava quando, dalla lampada della sua anima, altre si sarebbero accese con la fiamma della gioia evangelica.
Batiuska aveva molta venerazione per il suo celeste protettore, il profeta Daniele, e aveva ricevuto direttamente da lui le sue aspirazioni missionarie, come mi confidò egli stesso. Una volta, leggendo il libro di Daniele, batiuska venne impressionato dalle parole «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» (Dan. 12, 3). «Ed io pensai» mi disse «come sarebbe stato meraviglioso risplendere come stelle».
So che pregava con la Preghiera di Gesù, che considerava molto importante la comunione frequente, in seguito ad un’adeguata preparazione, e leggere costantemente la Bibbia, della quale, sembrava, egli conosceva una rilevante porzione con il cuore. La Preghiera, l’Eucarestia e la Parola di Dio erano per lui i tre più importanti pilastri per le missioni.
Durante la sua vita battezzò più di ottanta Musulmani e ricondusse all’Ortodossia circa cinquecento Protestanti. Padre Daniele andava agli incontri dei Protestanti e predicava l’Ortodossia basandosi sulla Bibbia, e partecipava a dispute pubbliche con Vecchi Credenti e neo-pagani, ma più di ogni altra cosa egli divenne molto noto come missionario fra i Musulmani e polemista con l’Islam.