domenica 6 maggio 2012

San Cerbonio (Cerbone), vescovo di Populonia

Un altro uomo, di venerabile condotta di vita, Cerbonio, vescovo di Populonia, ai nostri giorni ha dato una grande dimostrazione di santità. Dato che era molto zelante nell'offrire ospitalità, un giorno accolse alcuni soldati di passaggio, che nascose quando sopraggiunsero i Goti; in questo modo salvò le loro vite, mettendoli al riparo dalla nequizia di quei barbari. Quando questo fatto fu riferito a Totila, perfido re dei Goti; in preda a violentissimo furore costui fece portare il vescovo in una località di nome Merolis, distante otto miglia dalla città, dove egli si era fermato con l'esercito e, quale spettacolo offerto al popolo, ordinò di gettarlo agli orsi per farlo divorare. Il perfido re in persona era presente allo spettacolo e affluiva folla di gente per assistere alla morte del vescovo. Cerbonio fu portato nel mezzo e per farlo morire fu prescelto un orso crudelissimo che, sbranando selvaggiamente membra umane, appagasse il re crudele. L'orso fu mandato fuori dalla fossa e, incollerito ed eccitato, si scagliò contro il vescovo, ma d'un tratto, dimentico della sua ferocia, piegato il collo e abbassato umilmente il capo, comincò a lambire i piedi del vescovo, facendo capire a tutti con grande evidenza che, riguardo a quell'uomo di Dio, gli uomini davano a vedere sentimenti bestiali, mentre quelli delle belve apparivano quasi umani. Allora il popolo, che era venuto ad assistere a uno spettacolo di morte, con grande clamore manifestò ammirazione e venerazione. Anche il re si dette a manifestare la sua reverenza, e così per giudizio divino accadde che colui il quale prima non aveva voluto seguire Dio risparmiando la vita del vescovo, finì per seguire almeno la mansuetudine delle belve. Sono ancora vivi alcuni che furono presenti a questo episodio e attestano di esserne stati spettatori insieme a tutto il popolo.
Di Cerbonio ho appreso anche un altro miracolo, raccontato dal vescovo di Luni, Venanzio. Egli si era preparato la tomba a Populonia, della cui chiesa era vescovo. Ma poiché i Longobardi, discesi in Italia, stavano devastando tutto il paese, si ritirò nell'isola d'Elba. Quando là, colpito da grave malattia, era sul punto di morire, disse ai suoi chierici e ai suoi dipendenti: "Seppellitemi nella tomba che mi sono preparato a Populonia". E poiché quelli obbiettavano: "Ma come possiamo ricondurre la tua salma in luogo che sappiamo essere tenuto dai Longobardi, i quali devastano tutto il paese?", egli rispose: "Riconducetemi là in piena sicurezza. Non abbiate paura, ma affrettatevi a seppelirmi. E appena avrete seppellito la mia salma, allontanatevi in gran fretta da quel luogo". Allora imbarcarono su una nave la salma del vescovo defunto. Mentre si dirigevano a Populonia, il cielo si rannuvolò e cominciò a cadere una pioggia in gran quantità. Ma affinché a tutti apparisse evidente chi era stato l'uomo la cui salma veniva trasportata dalla nave, per tutto il tratto di mare dall'isola d'Elba a Populonia, che è di dodici miglia, una pioggia molto tempestosa cadde su entrambi i fianchi della nave, ma sulla nave non cadde neppure una goccia. così i chierici arrivarono a destinazione e seppellirono la salma del loro vescovo, poi, come quello aveva detto, tornarono alla nave in gran fretta. Erano appena risaliti, quando arrivò là, dove era stato sepolto il vescovo, Gumaris, un capo longobardo dei più crudeli. Il suo arrivo rese evidente che l'uomo di Dio era stato ispirato profeticamente, quando aveva dato disposizione ai suoi dipendenti di allontanarsi in gran fretta dal luogo della sua sepoltura.

Tratto dai Dialoghi di San Gregorio il Dialogo, papa di Roma, III, 11, nella traduzione a cura di Manlio Simonetti, pubblicata con il titolo Storie di santi e di diavoli, II, Farigliano, Fondazione Lorenzo Valla - Arnoldo Mondadori editore, 2006, pp. 41, 43, 45.

Il nostro padre fra i santi Cerbonio, vescovo di Populonia, viene ricordato dalla Chiesa il giorno 10 di ottobre secondo il calendario giuliano, che corrisponde al 23 ottobre secondo il calendario gregoriano.