venerdì 8 gennaio 2010

Vita del santo ieromartire Ilarion (Troitsky), arcivescovo di Verey (V)

Sebbene l’arcivescovo Ilarion non fosse in grado a quel tempo di conoscere in ogni dettaglio la vita della Chiesa, non fu tuttavia osservatore indifferente ai vari disordini e catastrofi ecclesiastiche che si abbatterono sui fedeli ortodossi. La gente andava da lui per un consiglio e gli domandava come raggiungere la pace nella Chiesa sotto le nuove condizioni politiche. Questa era davvero una domanda assai complicata e l’arcivescovo Ilarion diede una risposta incommensurabilmente profonda e ben valutata, basata sui sacri canoni e sulla prassi ecclesiastica. Ecco cosa scrisse su questo tema in una lettera del dieci dicembre 1927: «Negli ultimi due anni non ho partecipato alla vita della Chiesa; ho solo informazioni periodiche e forse inesatte. Per questo, è difficile per me giudicare i particolari e i dettagli di tale vita; ma ritengo che le sue linee generali e le sue inadeguatezze e infermità mi siano note. La principale inadeguatezza, che ritenevo tale da tempo, è la mancanza di un Concilio dal 1917 – cioè proprio nel periodo di tempo in cui sarebbe stato maggiormente necessario, perché la Chiesa russa è entrata in condizioni storiche totalmente nuove, non senza il volere di Dio. Queste condizioni sono insolite e significativamente diverse dalle precedenti. La pratica ecclesiastica, che includeva la formazione del Concilio del 1917-1918, non si trova in armonia con queste condizioni. La situazione è divenuta significativamente più complessa dopo la morte del patriarca Tikhon. La questione del Luogotenente, per quanto ne so, è anch’essa molto confusa e il governo della Chiesa è in uno stato di totale disordine. Io non so se ci sia qualcuno nella nostra gerarchia, o anche in generale fra i membri consapevoli della Chiesa, che sia così ingenuo o miope da coltivare l’assurda illusione che il governo Sovietico sarà presto sconfitto e l’antico ordine restaurato, ecc. Ma penso che tutti coloro che desiderano il bene della Chiesa riconoscano la necessità per la Chiesa russa di ricavarsi un posto nelle nuove condizioni storiche. Perciò, c’è bisogno di un concilio; e prima di tutto dobbiamo chiedere alle autorità governative di permetterci di convocarlo. Tuttavia bisogna che ci sia qualcuno che raduni il Concilio, faccia i preparativi necessari, in una parola, guidi la Chiesa fino al Concilio stesso. Perciò c’è bisogno adesso, prima del Concilio, di un corpo ecclesiastico. Io ho una serie di requisiti per la sua organizzazione e le sue attività che sono comuni, ritengo, a chiunque voglia un buon ordine ecclesiastico, piuttosto che il turbamento della pace o qualche nuova confusione. Ne indicherò alcuni:

1. Un corpo ecclesiastico temporaneo non deve necessariamente essere autoreferenziale; cioè, deve avere l’autorizzazione del Luogotenente per iniziare.

2. Per quanto possibile deve includere coloro che sono stati delegati dal Luogotenente, il metropolita Pietro (Polyansky) o il Santo Patriarca.

3. Il corpo ecclesiastico temporaneo deve unire e non dividere l’episcopato. Non è un giudice e un persecutore dei dissenzienti. Questo lo sarà il Concilio.

4. Il suo obbiettivo deve essere pratico e modesto: la convocazione del Concilio.

Gli ultimi due punti richiedono una spiegazione particolare. Il pauroso fantasma della VTsU (Amministrazione Suprema della Chiesa) del 1922 si libra ancora sulla gerarchia e sugli ecclesiastici. La gente di chiesa è diventata sospettosa. Il corpo ecclesiastico deve temere come il fuoco la benché minima rassomiglianza con l’attività criminale della VTsU. Altrimenti ci sarà solo altra confusione. La VTsU iniziò con menzogna e inganno. Ogni cosa dovrà invece essere basata sulla verità. La VTsU, un corpo interamente autonominatosi, si proclamò come supremo maestro del destino della Chiesa russa, un maestro cui le leggi ecclesiastiche e perfino le comuni leggi divine ed umane non si applicavano necessariamente. Il nostro corpo ecclesiastico sarà solo temporaneo con il solo obbiettivo di convocare il Concilio. La VTsU perseguitava tutti coloro che non le si sottomettevano, cioè tutti i bravi gerarchi e altri ecclesiastici che si davano da fare. Minacciando punizioni a destra e a manca, e promettendo il perdono a chi si sottometteva, la VTsU ricordava le censure del governo, censure che lo stesso governo trovava difficilmente desiderabili. Quest’aspetto ripugnante delle attività criminali della VTsU e del suo successore, il cosiddetto “Sinodo”, con i suoi concili del 1923-1925, guadagnarono loro meritato disprezzo, causarono grande afflizione e sofferenza a gente innocente, portarono soltanto male ed ebbero l’unico risultato che parte della gerarchia ed alcune irresponsabili persone di chiesa lasciarono la Chiesa e formarono alcuni gruppi scismatici. Nulla del genere, nemmeno il minimo accenno, dev’essere presente nelle attività del corpo ecclesiastico temporaneo. Sottolineo specialmente questo, perché in esso vedo un pericolo molto grande. Il nostro corpo ecclesiastico deve convocare un Concilio.

Con riguardo al Concilio sono necessari i seguenti requisiti:

5. L’organo ecclesiastico temporaneo dovrebbe convocare, ma non selezionare i membri del Concilio, come venne fatto dalla VTsU di angosciosa memoria nel 1923. Un Concilio selezionato non avrebbe alcuna autorità e non porterebbe calma alla Chiesa, ma solo altra confusione. C’è scarsa necessità di allungare la lista dei “concili dei ladri” della storia, tre sono sufficienti: Efeso nel 449 e due a Mosca, tra il 1923 e il 1925. Il mio primo desiderio per il futuro Concilio è che questo dimostri la sua totale non partecipazione e non solidarietà con tutti i movimenti politici sospetti, per disperdere la nebbia dell’eccessiva e folle diffamazione che ha circondato la Chiesa russa attraverso gli sforzi criminali dei maligni (del rinnovamento). Solo un vero Concilio può avere autorità, portare la calma nella vita della Chiesa e dare pace ai cuori tormentati della gente di chiesa. Penso che al Concilio emergerà l’intera importanza di questo movimento ecclesiastico ed egli ordinerà la vita della Chiesa in modo che corrisponda alle nuove condizioni».

Come arcivescovo Ilarion pensava e confermava che solo se vi era sobornost (conciliarità) nella Chiesa ci sarebbe stata pacificazione e la Chiesa ortodossa russa avrebbe potuto portare avanti le sue normali attività nelle nuove condizioni dello Stato sovietico.

La sua via verso la croce stava giungendo a conclusione. Nel dicembre 1929 venne mandato a vivere ad Alma-Ata, nell’Asia centrale, per tre anni. Egli viaggiò sotto sorveglianza da una prigione all’altra. Fu derubato lungo la strada e quando arrivò a Leningrado vestiva una lunga camicia, infestata da parassiti, ed era già malato. Scrisse dalla prigione di Leningrado dov’era detenuto: «Sono seriamente ammalato di tifo da pidocchi e giaccio nell’ospedale della prigione. Molto probabilmente ne sono stato infettato lungo la strada; domenica 28 dicembre il mio destino sarà deciso (la crisi della febbre). È improbabile che sopravviva». All’ospedale gli venne detto che doveva radersi e Sua Eminenza replicò: «Fate di me ciò che volete». Nel suo delirio disse: «Ora sono completamente libero: nessuno può prendermi».

L’angelo della morte era già in attesa al capezzale del sofferente. Pochi minuti prima che morisse un dottore venne a dirgli che la crisi era passata e che forse si sarebbe ripreso. L’arcivescovo Ilarion disse, in un sussurro appena udibile: «Come! Ora siamo lontani da…» Con queste parole il confessore di Cristo morì. Era il 15/28 dicembre 1929. Il metropolita Serafino (Chicagov), che in quel tempo occupava la sede di Leningrado, ottenne il permesso di avere il corpo per il funerale. Portarono all’ospedale bianchi paramenti vescovili ed una mitra bianca. Lo vestirono e lo portarono alla chiesa del monastero Novodevichy a Leningrado. Vladyka era terribilmente cambiato: nella bara giaceva un vecchio uomo rasato, grigio e pietoso. Quando una dei suoi parenti lo vide nella bara svenne, non assomigliava per nulla al precedente Ilarion. Venne seppellito nel cimitero del monastero Novodevichy, non lontano dalle tombe dei parenti dell’allora arcivescovo e poi Patriarca Alessio (Simansky). Oltre al metropolita Serafino e all’arcivescovo Alessio, parteciparono ai funerali il vescovo Ambrogio (Libin) di Luga, il vescovo Sergio (Zenkevich) di Lodeinoe Polye e tre altri vescovi.

Così questo gigante fisico e spirituale partì per l’eternità – un uomo dall’anima meravigliosa, dotato da Dio di evidenti talenti teologici, che visse la sua vita per la Chiesa. La sua morte fu un’enorme perdita per la Chiesa ortodossa russa.

Eterna memoria, santo gerarca Ilarion!


Vita scritta dal metropolita Giovanni (Snychev) di San Pietroburgo e Ladoga (+1995); la versione italiana è stata condotta sulla traduzione inglese, ad opera della monaca Cornelia e pubblicata in The Orthodox Word, nn. 264-265 (2009), pp. 5-27.


Il nostro padre fra i santi Ilarion venne glorificato dal Patriarcato di Mosca il 27 aprile/10 maggio 1999 ed è commemorato il 15/28 dicembre, giorno del suo martirio, e il 27 aprile/10 maggio, giorno della sua glorificazione.

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