domenica 6 dicembre 2009

Vita del santo ieromartire Ilarion (Troitsky), arcivescovo di Verey (III)

Una volta un giovane ieromonaco venne portato dalle Solovki a Kazan. Era stato condannato a tre anni di esilio per aver tolto l’orarion ad un diacono renovazionista e avergli impedito di celebrare con lui. L’arcivescovo approvò l’azione dello ieromonaco e scherzò sui vari periodi di prigione dati all’una o all’altra persona, che nulla avevano a che fare con la serietà del loro “crimine”. «Perché il Signore è generoso e accoglie l’ultimo come il primo» disse con le parole dell’omelia pasquale di San Giovanni Crisostomo. «Egli concede il riposo a quello dell'undicesima ora, come a chi ha lavorato sin dalla prima. Dell'ultimo ha misericordia, e onora il primo. Dà all'uno e si mostra benevolo con l'altro. Accoglie le opere e gradisce la volontà. Onora l'azione e loda l'intenzione». Queste parole avrebbero potuto sembrare ironiche, ma impartirono un senso di pace e fecero sì che lo ieromonaco accettasse la prova come se venisse dalle mani di Dio.

Vladika Ilarion era grandemente rallegrato al pensiero che le Solovki fossero una scuola di virtù, generosità, mitezza, umiltà, temperanza, pazienza e amore per il lavoro. Una volta un gruppo di chierici venne derubato dopo l’arrivo e i padri erano molto tristi. Uno dei prigionieri disse loro per scherzo che questo era il modo per insegnar loro la generosità. Vladika era esultante per quell’osservazione.

Un esiliato perse i suoi stivali per due volte di fila e andava in giro per il campo con galosce strappate. L’arcivescovo Ilarion venne preso da sincera allegria guardandolo ed ecco come incoraggiava il buon umore negli altri prigionieri. Il suo amore per ogni persona, la sua attenzione per ciascuno e la sua socievolezza erano semplicemente sorprendenti. Era l’individuo più popolare del campo, fra tutti quelli della sua classe sociale. Vogliamo dire che non solo il generale, l’ufficiale, lo studente e il professore lo conoscevano e parlavano con lui (nonostante là vi fossero molti vescovi, anche più anziani e non meno colti di lui), ma anche la marmaglia, la società criminale di ladri e banditi lo conosceva come una persona buona e rispettata, che era impossibile non amare. Sia durante le pause di lavoro che nel tempo libero lo si poteva veder passeggiare a braccetto con uno o l’altro “esempio” di questa compagnia. Non si trattava solo di condiscendenza verso un “fratello più giovane” o un uomo caduto, no. Vladika parlava con ciascuno come ad un eguale, interessandosi, ad esempio, alla “professione” o all’attività prediletta di ognuno di loro. L’elemento criminale è molto orgoglioso e sensibilmente inorgoglito. Non potevano essere offesi impunemente. Tuttavia i modi di Vladika superavano ogni cosa; come un amico egli li nobilitava con la sua presenza e attenzione. Era di un eccezionale interesse osservarlo in quella compagnia e discutere a fondo con loro.

Egli era avvicinabile da chiunque: era esattamente come chiunque ed era facile stargli intorno, incontrarlo e parlargli. Il più ordinario, semplice ed apparentemente “non santo” era Vladika. Tuttavia, dietro questa ordinaria esteriorità di gioia ed apparente mondanità, si potevano gradualmente intravedere la purezza di un bambino, un’ampia esperienza spirituale, gentilezza e pietà, la sua dolce indifferenza verso i beni materiali, la sua fede vera, un’autentica pietà ed una nobile perfezione morale, per non menzionare la forza intellettuale combinata con forza e chiarezza di convinzioni. Quest’apparenza di un’ordinaria vita di peccatore, della follia per Cristo e di una maschera di mondanità nascondevano il suo sforzo interno alle persone e lo preservavano da ipocrisia e presunzione. Egli era nemico giurato dell’ipocrisia e di tutte le modalità di “pia apparenza” ed era assolutamente consapevole e diretto. Nella “squadra Troitsky” (come veniva chiamato il gruppo di lavoro dell’arcivescovo Ilarion) il clero alle Solovki riceveva una buona educazione. Ognuno comprendeva che non c’era vantaggio semplicemente nel considerarsi peccatore, portare avanti pie e lunghe conversazioni o mostrare quanto austeramente si vivesse. Era particolarmente inutile sopravvalutare se stessi più di quanto non fosse il caso. Vladika avrebbe chiesto ad ogni prete in arrivo i dettagli in merito alle motivazioni che avevano condotto al suo arresto. Un giorno, un certo abate venne portato alle Solovki. L’arcivescovo gli chiese: «Perché l’hanno arrestata?» «Oh, ho servito dei moleben a casa, dopo che avevano chiuso il monastero», rispose l’abate. «Beh, le persone si radunavano e ci furono pure alcune guarigioni…» «Ah, bene, anche guarigioni… quanti anni le hanno dato?» «Tre anni» «Bene», disse Vladika, «non è molto; per le guarigioni avrebbero potuto dargliene di più. Il governo sovietico ha fatto una svista…» Non è necessario notare che era del tutto immodesto parlare di guarigioni sopraggiunte per le proprie preghiere.

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